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Giuseppe Nicolini (1762-1842) abbraccia, con la sua lunga vita, un arco di tempo che comprende l'intera esistenza di musicisti quali Beethoven, Schubert, Bellini, e in parte Mendelssohn e Chopin. Per circa un quarantennio, dal 1790 al 1830, si è dedicato prevalentemente all'attività di operista, in un'epoca di grandi cambiamenti per il teatro musicale, che assiste al declino degli ultimi campioni della cosiddetta scuola napoletana (Cimarosa, Paisiello) e all'ascesa di Weber, Rossini, Donizetti. Il ramo più florido della tradizione operistica non è più rappresentato dall'opera seria, bensì dal dramma giocoso, mentre compaiono i primi soggetti di ascendenza romantica. Si tratta di un periodo che una storiografia meno recente avrebbe definito "di passaggio" en attendant Rossini. Pur desiderando evitare definizioni che sottendano una concezione puramente evoluzionistica, non possiamo non appassionarci al tentativo di comprendere, attraverso Nicolini, come il nuovo si compenetri con l'antico, e come tra il passato e il presente si attuino interdipendenti rapporti di filiazione.